6 Incontro 25 febbr. 2022

L’amore familiare vocazione e via di santità nella precarietà, mobilità e frenesia lavorative

Il lavoro rende possibile nello stesso tempo lo sviluppo della società, quello personale, il sostentamento della famiglia e anche la sua stabilità e fecondità. Detto questo, si capisce come la disoccupazione e la precarietà lavorativa diventino sofferenza [cfr. AL 24-25]. Sovente si è in ansia quando si guarda al futuro. Ma proprio in questa vita che scorre, con le sue difficoltà e le sue sfide, ci è chiesto di aderire all'oggi di Dio, senza voler assicurarci il domani, né possederlo. Arte del cristiano è dunque ricordare il passato, vivere l'oggi, come adesione alla realtà e ora decisiva dell'ascolto della voce di Dio, andare verso il futuro nella certezza che in esso c'è la venuta del Signore, la vita eterna.

1. Entriamo nel clima di preghiera

Salmo 95

Venite, cantiamo al Signore,

acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

Accostiamoci a lui per rendergli grazie,

a lui acclamiamo con canti di gioia.

Poiché grande Dio è il Signore,

grande re sopra tutti gli dèi.

Nella sua mano sono gli abissi della terra,

sono sue le vette dei monti.

Suo è il mare, è lui che l'ha fatto,

le sue mani hanno plasmato la terra.

Entrate, prostràti adoriamo,

in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.

È lui il nostro Dio,

e noi il popolo del suo pascolo,

il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!

«Non indurite il cuore, come a Merìba,

come nel giorno di Massa nel deserto,

dove mi tentarono i vostri padri:

mi misero alla prova

pur avendo visto le mie opere.

Per quarant'anni mi disgustò quella generazione

e dissi: "Sono un popolo dal cuore traviato,

non conoscono le mie vie".

Perciò ho giurato nella mia ira:

"Non entreranno nel luogo del mio riposo"».

2. Ascoltiamo il Signore che ci parla

Vangelo secondo Matteo [6,25-34]

25 perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27 E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28 E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29 Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vesti va come uno di loro. 30 Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31 Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? 32 Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33 Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34 Non preoccupatevi dunque per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.

3. Riflettiamo sul testo

Dopo l'ammonimento su un digiuno non ipocrita e la richiesta del distacco dalle ricchezze, chiamate con il termine aramaico "mammona", nel brano evangelico proposto Gesù ci offre un'intensa e preziosa lezione sulla fiducia nella provvidenza divina, illustrata con una serie di esempi poetici e spirituali.

Per cinque volte Gesù ripete il verbo "merimnan", che in greco significa: "affannarsi", "darsi da fare" [cfr. versetti 25.27.28.31.34] riguardo al cibo, al vestito e al tempo. Viene dipinto un uomo ansioso e preoccupato, che si dà pensiero per il domani e si lascia prendere dall'ansia di fronte alle necessità dell'esistenza.

Gesù chiede ai suoi discepoli di non lasciarsi soffocare dall'inquietudine, non grazie a un ottimismo congenito nel carattere o a uno sforzo di volontà, ma per la fiducia che deriva nel sapere che Dio è nostro Padre e mantiene una relazione speciale con ciascuno di noi, colmandoci della sua provvidenza continua e amorosa. L'esempio degli uccelli e dei gigli del campo non è un ingenuo affresco che ignora i drammi dell'esistenza, oppure un invito a evadere i problemi e a vivere nell'ozio, ma è l'esortazione a vedere le nostre preoccupazioni terrene nella loro giusta prospettiva.

Lo sguardo che Gesù getta sui gigli del campo e sugli uccelli del cielo, non è quello di un trasognato ecologista, ma quello di un credente che riconosce che il Signore «dà il cibo a ogni vivente, perché il suo amore è per sempre» [Sal 136,25]. Il sapersi affidare a Dio distingue il cristiano dai pagani. Egli è richiamato a essere attento a quello che ha dentro il suo cuore. La vita non può essere un continuo compromesso tra quello che si crede giusto e ciò che si fa, si pensa e si è.

La conclusione del brano [v. 34] è particolarmente densa di saggezza. Gesù non promette ai suoi discepoli un futuro senza preoccupazioni. Piuttosto ci ricorda che esso non è a nostra disposizione, non è gestibile secondo i nostri progetti, perché il domani avrà sempre nuove sfide da affrontare, a suo tempo. Al discepolo è chiesto di allenarsi quotidianamente nell'affidamento fiducioso a Dio, anche in mezzo alle varie tribolazioni, per non essere angosciato di fronte all'avvenire.

4. Meditiamo considerando la nostra realtà di coppia

Non preoccupatevi

Nel contesto di una congiuntura socio economica in cui il lavoro diviene precario o in cui per i nostri figli è difficile trovare un'occupazione senza trasferirsi altrove, in cui siamo sollecitati a destra e a manca ad assicurarci su tutto, a vivere di polizze e garanzie, il brano del Vangelo secondo Matteo appare come una prospettiva fuori dal mondo.

Che cosa può significare, infatti, concretamente per degli adulti, responsabili della propria famiglia e del futuro dei propri figli, "non affannarsi", "non preoccuparsi"? Non è certo un invito a restare con le mani in mano, senza assumersi i compiti della vita di adulti e fare "il proprio dovere". Come diceva sant'Ignazio di Loyola: «Prega come se tutto dipendesse da Dio e lavora come se tutto dipendesse da te». Ecco allora la prospettiva aperta da Gesù: a noi adulti e genitori è chiesto massimo impegno nella vita, nella certezza che il futuro è nelle mani di Dio, che ci ama e quindi senza vivere nell'angoscia o nell'affanno, che ci privano della speranza e della serenità.

E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?

La vita non ci appartiene, è nelle mani di Dio. Non è facile convincerci di questo. Ci sentiamo proprietari di ciò che abbiamo, dalle cose materiali alle relazioni, dalla casa ai figli e, ancora di più, ci sentiamo padroni della nostra vita. Proprio da qui, però, derivano l'ansia e ogni preoccupazione: dalla paura di perdere ciò che riteniamo dipenda esclusivamente da noi e dai nostri sforzi. Pensiamo, ad esempio, a quanto ci metta ansia pensare al futuro dei nostri figli: come possiamo assicurare loro una vita riuscita; come possiamo metterli in salvo da ogni pericolo; come garantire loro il successo... Se tutto questo dipendesse dalle nostre forze e dalle nostre azioni sarebbe terribilmente frustrante, perché comprendiamo bene di non essere in grado di controllare tutte le variabili del futuro.

Di fronte all'ansia per il futuro, Gesù ci conferma la nostra appartenenza a Dio. Proviamo a riflettere su un'altra parola evangelica che suggerisce la bontà di questo atteggiamento di affidamento all'amore provvidente del Padre: «Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!» [Mt 7,11].

Non valete forse più di loro?

C'è chi ascolta il Vangelo, ma poi crede a modo suo; comprende la bellezza di una scelta di vita come quella contenuta nella Parola di Dio, ma non ce la fa ad alzarsi in volo, perché rimane ancorato alle sue preoccupazioni. Quante volte, ad esempio, anche noi non sappiamo fermarci a riflettere sui doni ricevuti gratuitamente da Dio nella tua esistenza e rendere grazie. Oppure fatichiamo a pregare e affidarci a Dio nei momenti di difficoltà.

Eppure se volgiamo lo sguardo indietro, alla nostra vita personale, di coppia e di famiglia, possiamo scorgere tanti segni dell'intervento provvidente del Signore.

Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia

L'esortazione è rivolta a ogni cristiano, senza eccezioni. Don Tonino Bello diceva a una coppia che stava per sposarsi: «Vi auguro di non avere un casa pesante». La "leggerezza di una casa" è il segno di un discepolato autentico. Non bisogna essere schiavi della casa, dei soldi, del potere, ma esercitare sulle cose un'autorità amorevole, che ci spinga non a difenderci ma ad aprirci al prossimo.

Chiediamoci che cosa rappresentano per noi la casa in cui abitiamo e i beni che possediamo. Ci è capitato di rinunciare alla perfezione della nostra casa, per dedicare tempo a qualche attività di servizio agli altri o a qualche momento di incontro comunitario?

A ciascun giorno basta la sua pena

Uno dei caratteri distintivi della nostra società è l'attivismo frenetico, che gli esperti dicono motivato da due ragioni: si corre per afferrare l'attimo fuggente, per non farsi scappare occasioni che si teme non si ripresenteranno, oppure si va di fretta per fare tutto quello che si pensa possa assicurare un domani senza preoccupazioni. In fondo, le due ragioni hanno la stessa matrice: l'inquietudine circa il domani. E così, nell'illusione di evitare [ipotetiche] ansie future, riempiamo di ansie [vere] il presente.

Proviamo a domandarci come reagiamo di fronte alle difficoltà che, nonostante il nostro impegno e la nostra capacità di programmazione, non abbiamo potuto evitare. Dove affonda per la vostra famiglia la serenità?

5. Domande per la lectio del "noi" e la condivisione di gruppo

* Come risuona in me/in noi l'appello evangelico a "non preoccuparsi"? Che sentimenti suscita? Quali sono i miei/i nostri più grandi motivi di affanno?

* Come coppia di sposi ci confrontiamo sul passato e sulla visione di futuro che abbiamo nel cuore?

* Come coppia diamo importanza al tempo e ne riserviamo per noi e i nostri cari, o ci facciamo fagocitare dal lavoro e da altre cose da fare? Ci è capitato di dare una mano a un amico in un momento difficile?

* Come possiamo descrivere il nostro rapporto con Dio? Come coppia di sposi possiamo citare un esempio in cui ci siamo affidati a Dio e abbiamo sperimentato la sua provvidenza?

* Come la partecipazione al gruppo familiare può aiutarci ad affrontare più serenamente la vita quotidiana? La vicinanza delle altre famiglie ha rappresentato in qualche momento particolare l'immagine della vicinanza e della provvidenza di Dio?

6. Preghiera

O Dio nostro Padre,

tu ci ispiri a scegliere una vita povera e sobria,

ma anche a sperimentare la fiducia

e l'abbandono alla tua provvidenza.

Aiutaci a cercare sempre il regno di Dio e la sua giustizia,

con fedeltà agli impegni della nostra vocazione,

per essere degni di ricevere dalla tua bontà,

per intercessione di Maria nostra Madre e di san Giuseppe,

i beni spirituali e materiali che ci sono necessari.

Grazie, Padre, provvedici tu.

Amen.

L’amore familiare vocazione e via di santità nella precarietà, mobilità e frenesia lavorative

Il lavoro rende possibile nello stesso tempo lo sviluppo della società, quello personale, il sostentamento della famiglia e anche la sua stabilità e fecondità. Detto questo, si capisce come la disoccupazione e la precarietà lavorativa diventino sofferenza [cfr. AL 24-25]. Sovente si è in ansia quando si guarda al futuro. Ma proprio in questa vita che scorre, con le sue difficoltà e le sue sfide, ci è chiesto di aderire all'oggi di Dio, senza voler assicurarci il domani, né possederlo. Arte del cristiano è dunque ricordare il passato, vivere l'oggi, come adesione alla realtà e ora decisiva dell'ascolto della voce di Dio, andare verso il futuro nella certezza che in esso c'è la venuta del Signore, la vita eterna.

1. Entriamo nel clima di preghiera

Salmo 95

Venite, cantiamo al Signore,

acclamiamo la roccia della nostra salvezza.

Accostiamoci a lui per rendergli grazie,

a lui acclamiamo con canti di gioia.

Poiché grande Dio è il Signore,

grande re sopra tutti gli dèi.

Nella sua mano sono gli abissi della terra,

sono sue le vette dei monti.

Suo è il mare, è lui che l'ha fatto,

le sue mani hanno plasmato la terra.

Entrate, prostràti adoriamo,

in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.

È lui il nostro Dio,

e noi il popolo del suo pascolo,

il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!

«Non indurite il cuore, come a Merìba,

come nel giorno di Massa nel deserto,

dove mi tentarono i vostri padri:

mi misero alla prova

pur avendo visto le mie opere.

Per quarant'anni mi disgustò quella generazione

e dissi: "Sono un popolo dal cuore traviato,

non conoscono le mie vie".

Perciò ho giurato nella mia ira:

"Non entreranno nel luogo del mio riposo"».

2. Ascoltiamo il Signore che ci parla

Vangelo secondo Matteo [6,25-34]

25 perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27 E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28 E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29 Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vesti va come uno di loro. 30 Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31 Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? 32 Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33 Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34 Non preoccupatevi dunque per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.

3. Riflettiamo sul testo

Dopo l'ammonimento su un digiuno non ipocrita e la richiesta del distacco dalle ricchezze, chiamate con il termine aramaico "mammona", nel brano evangelico proposto Gesù ci offre un'intensa e preziosa lezione sulla fiducia nella provvidenza divina, illustrata con una serie di esempi poetici e spirituali.

Per cinque volte Gesù ripete il verbo "merimnan", che in greco significa: "affannarsi", "darsi da fare" [cfr. versetti 25.27.28.31.34] riguardo al cibo, al vestito e al tempo. Viene dipinto un uomo ansioso e preoccupato, che si dà pensiero per il domani e si lascia prendere dall'ansia di fronte alle necessità dell'esistenza.

Gesù chiede ai suoi discepoli di non lasciarsi soffocare dall'inquietudine, non grazie a un ottimismo congenito nel carattere o a uno sforzo di volontà, ma per la fiducia che deriva nel sapere che Dio è nostro Padre e mantiene una relazione speciale con ciascuno di noi, colmandoci della sua provvidenza continua e amorosa. L'esempio degli uccelli e dei gigli del campo non è un ingenuo affresco che ignora i drammi dell'esistenza, oppure un invito a evadere i problemi e a vivere nell'ozio, ma è l'esortazione a vedere le nostre preoccupazioni terrene nella loro giusta prospettiva.

Lo sguardo che Gesù getta sui gigli del campo e sugli uccelli del cielo, non è quello di un trasognato ecologista, ma quello di un credente che riconosce che il Signore «dà il cibo a ogni vivente, perché il suo amore è per sempre» [Sal 136,25]. Il sapersi affidare a Dio distingue il cristiano dai pagani. Egli è richiamato a essere attento a quello che ha dentro il suo cuore. La vita non può essere un continuo compromesso tra quello che si crede giusto e ciò che si fa, si pensa e si è.

La conclusione del brano [v. 34] è particolarmente densa di saggezza. Gesù non promette ai suoi discepoli un futuro senza preoccupazioni. Piuttosto ci ricorda che esso non è a nostra disposizione, non è gestibile secondo i nostri progetti, perché il domani avrà sempre nuove sfide da affrontare, a suo tempo. Al discepolo è chiesto di allenarsi quotidianamente nell'affidamento fiducioso a Dio, anche in mezzo alle varie tribolazioni, per non essere angosciato di fronte all'avvenire.

4. Meditiamo considerando la nostra realtà di coppia

Non preoccupatevi

Nel contesto di una congiuntura socio economica in cui il lavoro diviene precario o in cui per i nostri figli è difficile trovare un'occupazione senza trasferirsi altrove, in cui siamo sollecitati a destra e a manca ad assicurarci su tutto, a vivere di polizze e garanzie, il brano del Vangelo secondo Matteo appare come una prospettiva fuori dal mondo.

Che cosa può significare, infatti, concretamente per degli adulti, responsabili della propria famiglia e del futuro dei propri figli, "non affannarsi", "non preoccuparsi"? Non è certo un invito a restare con le mani in mano, senza assumersi i compiti della vita di adulti e fare "il proprio dovere". Come diceva sant'Ignazio di Loyola: «Prega come se tutto dipendesse da Dio e lavora come se tutto dipendesse da te». Ecco allora la prospettiva aperta da Gesù: a noi adulti e genitori è chiesto massimo impegno nella vita, nella certezza che il futuro è nelle mani di Dio, che ci ama e quindi senza vivere nell'angoscia o nell'affanno, che ci privano della speranza e della serenità.

E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?

La vita non ci appartiene, è nelle mani di Dio. Non è facile convincerci di questo. Ci sentiamo proprietari di ciò che abbiamo, dalle cose materiali alle relazioni, dalla casa ai figli e, ancora di più, ci sentiamo padroni della nostra vita. Proprio da qui, però, derivano l'ansia e ogni preoccupazione: dalla paura di perdere ciò che riteniamo dipenda esclusivamente da noi e dai nostri sforzi. Pensiamo, ad esempio, a quanto ci metta ansia pensare al futuro dei nostri figli: come possiamo assicurare loro una vita riuscita; come possiamo metterli in salvo da ogni pericolo; come garantire loro il successo... Se tutto questo dipendesse dalle nostre forze e dalle nostre azioni sarebbe terribilmente frustrante, perché comprendiamo bene di non essere in grado di controllare tutte le variabili del futuro.

Di fronte all'ansia per il futuro, Gesù ci conferma la nostra appartenenza a Dio. Proviamo a riflettere su un'altra parola evangelica che suggerisce la bontà di questo atteggiamento di affidamento all'amore provvidente del Padre: «Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!» [Mt 7,11].

Non valete forse più di loro?

C'è chi ascolta il Vangelo, ma poi crede a modo suo; comprende la bellezza di una scelta di vita come quella contenuta nella Parola di Dio, ma non ce la fa ad alzarsi in volo, perché rimane ancorato alle sue preoccupazioni. Quante volte, ad esempio, anche noi non sappiamo fermarci a riflettere sui doni ricevuti gratuitamente da Dio nella tua esistenza e rendere grazie. Oppure fatichiamo a pregare e affidarci a Dio nei momenti di difficoltà.

Eppure se volgiamo lo sguardo indietro, alla nostra vita personale, di coppia e di famiglia, possiamo scorgere tanti segni dell'intervento provvidente del Signore.

Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia

L'esortazione è rivolta a ogni cristiano, senza eccezioni. Don Tonino Bello diceva a una coppia che stava per sposarsi: «Vi auguro di non avere un casa pesante». La "leggerezza di una casa" è il segno di un discepolato autentico. Non bisogna essere schiavi della casa, dei soldi, del potere, ma esercitare sulle cose un'autorità amorevole, che ci spinga non a difenderci ma ad aprirci al prossimo.

Chiediamoci che cosa rappresentano per noi la casa in cui abitiamo e i beni che possediamo. Ci è capitato di rinunciare alla perfezione della nostra casa, per dedicare tempo a qualche attività di servizio agli altri o a qualche momento di incontro comunitario?

A ciascun giorno basta la sua pena

Uno dei caratteri distintivi della nostra società è l'attivismo frenetico, che gli esperti dicono motivato da due ragioni: si corre per afferrare l'attimo fuggente, per non farsi scappare occasioni che si teme non si ripresenteranno, oppure si va di fretta per fare tutto quello che si pensa possa assicurare un domani senza preoccupazioni. In fondo, le due ragioni hanno la stessa matrice: l'inquietudine circa il domani. E così, nell'illusione di evitare [ipotetiche] ansie future, riempiamo di ansie [vere] il presente.

Proviamo a domandarci come reagiamo di fronte alle difficoltà che, nonostante il nostro impegno e la nostra capacità di programmazione, non abbiamo potuto evitare. Dove affonda per la vostra famiglia la serenità?

5. Domande per la lectio del "noi" e la condivisione di gruppo

* Come risuona in me/in noi l'appello evangelico a "non preoccuparsi"? Che sentimenti suscita? Quali sono i miei/i nostri più grandi motivi di affanno?

* Come coppia di sposi ci confrontiamo sul passato e sulla visione di futuro che abbiamo nel cuore?

* Come coppia diamo importanza al tempo e ne riserviamo per noi e i nostri cari, o ci facciamo fagocitare dal lavoro e da altre cose da fare? Ci è capitato di dare una mano a un amico in un momento difficile?

* Come possiamo descrivere il nostro rapporto con Dio? Come coppia di sposi possiamo citare un esempio in cui ci siamo affidati a Dio e abbiamo sperimentato la sua provvidenza?

* Come la partecipazione al gruppo familiare può aiutarci ad affrontare più serenamente la vita quotidiana? La vicinanza delle altre famiglie ha rappresentato in qualche momento particolare l'immagine della vicinanza e della provvidenza di Dio?

6. Preghiera

O Dio nostro Padre,

tu ci ispiri a scegliere una vita povera e sobria,

ma anche a sperimentare la fiducia

e l'abbandono alla tua provvidenza.

Aiutaci a cercare sempre il regno di Dio e la sua giustizia,

con fedeltà agli impegni della nostra vocazione,

per essere degni di ricevere dalla tua bontà,

per intercessione di Maria nostra Madre e di san Giuseppe,

i beni spirituali e materiali che ci sono necessari.

Grazie, Padre, provvedici tu.

Amen.