II Incontro 2011

GRUPPO “S. Famiglia di Nazareth” – 25 febbraio 2011

 

2° incontro - “PER QUESTO L’UOMO LASCERA’ SUO PADRE E SUA MADRE …”

 

 

L’unione dell’uomo alla sua donna affonda le radici nell’unione primordiale ordinata da Dio per il bene di entrambi.

È possibile riassumere l’azione di Dio in tre momenti fondamentali ai quali l’uomo (e la donna) è chiamato:

 

  • lascerai tuo padre e tua madre
  • ti unirai alla tua sposa/sposo
  • diventerai una sola carne

 

nelle dinamiche di genere,

quelle naturali, l’essere umano è istintivamente portato a unirsi, ma nel progetto di Dio questa fase è preceduta dal “Lasciare”, che è fondamentale per edificare e raggiungere la nuova unità. Si tratta di lasciare (dal latino Laxus = allentato, non teso; e da esso Laxare = allargare, sciogliere, allentare), non di abbandonare, troncare. A questa azione si contrappone giustamente il significato di separare (non osi separare l’uomo ciò che Dio ha unito) il cui significato è proprio quello di disporre diversamente dividendo un’unità, un tutt’uno. E tutto questo rende anche l’idea di quali siano le priorità dei valori in gioco. L’unità sacramentale marito-moglie è più forte di quella genitore-figlio.

 

Il progetto di vita

che abbiamo liberamente scelto ha la possibilità di svilupparsi e crescere sano nella misura in cui si riesce a compiere il primo passo del progetto di vita a cui ci si è sentiti chiamati: lasciare i propri genitori. Si deve sostituire, in una certa maniera, al rapporto genitore-figlio il rapporto marito-moglie. Vale la pena ripercorrere velocemente le fasi che caratterizzano il matrimonio cristiano:

 

  • scelta libera
  • la bellezza della vocazione
  • essere una sola carne = essere coppia

 

la nuova unità è da trovarsi a tutti i costi, è il cuore del patto. Ma ancora di più è parte e frutto della libera scelta che abbiamo fatto. Nel costruire la nuova realtà, la coppia, non solo da compimento a ciò per cui ci si è uniti in matrimonio, ma consente di lasciare i genitori non come figli ma come coppia.

Tutto questo sembra apparentemente essere in forte contrasto con il comandamento “Onora tuo padre e tua madre”. Onorare = trattare con stima e rispetto, che si differenzia molto da obbedire che va bene finché si è bambini e comunque non autonomi. Viene il tempo in cui Dio chiede a ciascuno di noi di seguire la propria vocazione, la propria strada.

 

Quindi al di là della scelta fatta (di unirsi alla propria donna/uomo)

è comunque auspicabile che in età adulta si lasci il padre e la madre, attraverso un percorso di costruzione di un sano rapporto genitore-figlio. Si tratta in pratica di essere in grado stare in piedi da soli, di essere capaci di disporre e organizzare la propria vita in piena autonomia.

 

Soprattutto ai genitori deve essere chiaro

che devono prendere atto dell’autonomia dei propri figli ancora di più dell’autonomia che la nuova coppia deve avere. Occorre quindi saper costruire un rapporto nuovo con il figlio/a che, proiettato verso una nuova realtà, ha lasciato la famiglia di origine, e probabilmente è proprio questo l’aspetto più critico, quello che crea maggiori difficoltà: nell’immaginario comune dei genitori si crede che questo povero ragazzo/a finirà, o è già finito, nelle mani di una persona che, non solo gli aprirà gli occhi rispetto a quanto la sua vita sia stata sin qui piena di brutte abitudini e usanze maldestre, ma lo porterà a fargli perdere la stima e l’affetto per la sua famiglia di origine.

Una ragione in più questa per ribadire l’importanza che il tempo propizio per lasciare il padre e la madre, per tagliare il cordone ombelicale, inizia già prima del matrimonio. Si tratta di avere la “valigia” già pronta, in quanto deve essere preparata, a prescindere. Con il matrimonio poi, rispetto a tutto quello che c’è nella valigia (abitudini, modi di fare, di pensare, il tipo di educazione, le tradizioni ma anche la capacità di mettersi in gioco, di sapersi sacrificare, di collaborare, di saper fare, ecc …), c’è bisogno di un’ulteriore momento di discernimento:

Capire cosa serve del nostro mondo per realizzare il progetto

che Dio ha fatto su di noi e che abbiamo liberamente scelto. Sicuramente una delle cose che non può essere portata in questo viaggio sono proprio i nostri genitori (non abbandonarli o rinnegarli) rinnovando il nostro rapporto con loro attraverso una nuova relazione in cui prevalga un atteggiamento di ri-conoscenza. Cioè conoscerli di nuovo come persone diverse da noi con una loro propria dimensione, prima di tutto sponsale, per prendere le distanze giuste, quelle sane e buone. Solo così si riesce ad agire, in coppia, senza sentire il peso dei loro giudizi fino a raggiungere una maturità tale di poterci permettere (paradossalmente) di deluderli.

 

Fabio e Romina