Verbale 10.01.2013

Verbale della riunione del consiglio pastorale del 10 gennaio 2013


Alle ore 21,00 iniziano i lavori del consiglio pastorale.


Presenze: 19 componenti su 27:

don Angelo Pennazza (presiede), don Gualberto Aguinaldo Pires, Adriano Mercanti, Antonietta Iaconeta, Antonella Antonacci, Fabrizio Blasetti (segretario), Lorena Gabrieli, Elisabetta Gragnola, Marco Indiveri, Rosella Maniscalco, Fabio e Romina Zin, Gianni e Irene Pulcini, Santino Lestini, Ascenzo Mattia, Anna Valerio, Elio Oliviero, Loredana Coluzzi.


La nuova evangelizzazione: Si procede con la lettura del brano evangelico Mc 16,15-20.


don Angelo spiega il brano dicendo che i veri discepoli mandati dal Signore, come ricorda la pericope, vanno e conquistano il mondo. A questo si deve ricollegare anche il concetto di nuova evangelizzazione, argomento sul quale si concentrerà tutta la riflessione.

Duemila anni di cristianesimo hanno si cambiato l'occidente, ma oggi l'uomo, in particolare quello occidentale, sembra aver perso l'orientamento, pertanto si è sentito il bisogno di una nuova evangelizzazione. Ma parlare di nuova evangelizzazione significa ammettere che qualcosa è andata storta, tant'è che ci ritroviamo ad essere cristiani solo di nome, ma non nella realtà. L'uomo di oggi non sa corrispondere all'amore che Dio gli dona.

La Chiesa, la diocesi, la parrocchia e il consiglio pastorale, nella realtà pavonense, sono chiamati a proporre una pastorale per la gente. Oggi l'annuncio di Gesù risorto sembra non interessare più, ma nuova evangelizzazione significa parlare di Cristo in modo da coinvolgere gli animi delle persone, significa portare il Signore a tutti. I giovani in particolare e la società intera in generale, non avvertono la necessità della presenza del Signore e ciò induce ad interrogarci sul come proporre Cristo.

Agostino, nelle Confessioni, parla di Dio come bellezza, pertanto annunciare il Signore alla società ed alle nuove generazioni in particolare è la vera bellezza di Dio, Gesù infatti oltre ad essere via, verità e vita (Gv 14,6), è anche bellezza. Pertanto è necessario annunciarne la bellezza e proclamare che la via che Gesù propone è una via bella. La fede non è fatta soltanto di precetti, ma è soprattutto bellezza, perché Dio stesso è bellezza. La via della bellezza è la vera formula vincente del Vangelo, la bellezza di Dio riempie il cuore, incanta, non delude, colma le attese e le speranze più profonde dell'anima, sovverte, purifica. La bellezza ha anche un nome: Gesù di Nazareth. Essa può vedersi riflessa nel volto dei Santi e degli innumerevoli testimoni di fede e carità. Nelle comunità cristiane ove non si coglie questa bellezza, non si vive né nella fede, né nella speranza e né soprattutto nella carità. Occorre costruire una comunità dove i laici per primi debbono essere immagine della bellezza di Dio, che dona la speranza dell'innamorato. L'innamorato è infatti colui che ripone speranza nella persona amata.

Ma non dobbiamo dimenticare mai che anche Dio, l'amato perché bello, dona molte grazie alla Chiesa e ai suoi componenti. La Chiesa, infatti, può essere paragonata a un vaso di creta ripieno di grazie, ove la creta rappresenta la debolezza della nostra umanità. Non dimentichiamo inoltre che, siccome la Chiesa è sposa santa del Signore, da Lui voluta, è anch'essa bella. Ritornando a noi, il consiglio pastorale è chiamato a vivere l'annuncio di Cristo come fine, i membri del consiglio, avendo incontrato Cristo, lo debbono proporre agli altri nella bellezza: questa è la nuova evangelizzazione. L'annuncio passa per l'assunto che è bello essere amici di Cristo, in quanto è Lui la risposta a tutti i perché. Occorre parlare il linguaggio semplice della bellezza, di chi ha fatto un'esperienza e la vuol comunicare all'altro, occorre annunciare quanto è bello essere Chiesa, sposa bella di Cristo.


A questo punto don Angelo lascia la parola al resto del consiglio per i vari interventi e riflessioni.

Anna Valerio sostiene che l'annuncio va fatto nei luoghi della quotidianità, ove però i cristiani vengono etichettati e a volte derisi. E' proprio qui però che il buon cristiano deve dare l'esempio, vivendo a imitazione del Maestro. Non bisogna vergognarsi, ma aprirsi e dimostrare al mondo la fede.


Romina Zin sottolinea che è difficile dimostrare qualcosa, è invece più facile viverla. Questo vale anche per la fede. Occorre fare Chiesa domestica prima di tutto, perché questa è la prima dimensione della fede. Gli altri debbono vedere tramite noi cristiani che la Chiesa è bella perché Cristo suo sposo è bello.



Fabio Zin approfondisce la riflessione dicendo che in quanto battezzati occorre riscoprire la grazia battesimale che ci rende figli di Dio. Ciò ci pone in una situazione di grande responsabilità, perché ci mette in condizione di rendere testimonianza, ognuno rispetto al proprio cammino di vita, di fede e di vocazione. Ciascuno, nella sua vita, partendo da dentro le mura domestiche, dovrebbe far partire l'evangelizzazione. Ma dentro le case occorre amarsi gli uni gli altri con lo stesso amore casto con cui Gesù ci ha amato, e proprio dall'amore del focolare deve partire l'evangelizzazione. Cristo va portato dietro in ogni istante della vita, quindi non solo dentro, ma anche fuori dell'ambiente domestico, per mostrarlo a tutti. E lo dobbiamo mostrare attraverso quello che abbiamo dentro casa e dentro al cuore. I ragazzi hanno il bisogno di capire cos'è la bellezza della Chiesa.



Antonella Antonacci prende la parola e riallacciandosi alle riflessioni precedenti, sottolinea che oggi della Chiesa si prende in considerazione solo ciò che è più nefasto e ciò fa della vita cristiana una vita ancor più dura, anche a causa della dilagante secolarizzazione. Anche come catechisti si vive una sorta di demoralizzazione perché è sempre maggiore il numero sia dei ragazzi che lasciano la vita ecclesiale dopo aver ricevuto i sacramenti dell'iniziazione e comincia ad aumentare il numero di quelli che non intraprendono per nulla il cammino sacramentale. Comunque il fondamento rimane sempre nel fatto di dare comunque e sempre l'annuncio, poi è lo stesso Cristo che ci sosterrà. Riguardo alla vita e all'annuncio, Antonella sottolinea che si dovrebbe vivere in modo da suscitare negli altri il desiderio di vivere come te, ma per far questo occorre prima evangelizzare se stessi.



Antonietta Iaconeta ribadisce che è la testimonianza quella che colpisce più di tutto. Ma è molto difficile operare la comunione tra i cristiani, perciò ogni cristiano prima di tutto si dovrebbe interrogare, per poi rendere una sana testimonianza. Sottolinea il ruolo della preghiera, fonte di forza e di sapienza, che serve a farci capire che comunque vadano le cose, ciò che pensiamo noi è sempre relativo, i nostri tempi infatti non sono quelli di Dio.



Loredana Coluzzi osserva che noi cristiani non dobbiamo sempre dimostrare qualcosa, ma occorre, per quanto possibile, vivere nella testimonianza per ciò che siamo, nelle azioni quotidiane. Questo, nonostante tutto, è molto difficile, ma occorre vivere bene per quel poco che ognuno può dare, cercando di combattere ed affrontare le crisi spirituali che si presentano anche con una certa frequenza.



Elisabetta Gragnola trova nella semplicità la cosa più efficace per l’evangelizzazione, l'atteggiarsi, in qualunque modo, provoca una reazione ostile da parte dell'altro ed effetti deleteri.



don Angelo conclude la discussione sull'argomento ribadendo la necessità di non scoraggiarsi, perché il Signore chiama a misura delle singole capacità. Dobbiamo invece guardare alla nostra debolezza e prenderla come stimolo per migliorare sempre nella gioia, senza angustie e pensieri, perché sarà il Signore ad indicarci la strada. La soluzione per non incupirsi sta sempre nella contemplazione della bellezza divina.

L'anno della fede e sessantesimo anniversario dell'apertura dei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II.  Don Angelo afferma che la comunità ecclesiale di Pavona, che è porzione della Chiesa universale, in questo tempo deve vivere l'anno della fede. La proclamazione dell'anno della fede è stata fatta da Sua Santità, in coincidenza dell'apertura dei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II, per permettere una riflessione di più ampio respiro sui contenuti della nostra fede.


Marco Indiveri ci ricorda che l'11 ottobre 2012 Benedetto XVI ha proclamato appunto l'anno della fede e lo ha fatto anche nel ventesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, frutto del lavoro post-conciliare. L'anno della fede è un'opportunità che il Papa ha dato a tutta la Chiesa. Nell'anno della fede sente il bisogno di nuova evangelizzazione perché il mondo si sta scristianizzando e le persone, comprese quelle battezzate, vivono sempre più lontane dalla realtà cristiana. Sottolinea l'importanza del Credo, simbolo della fede, ricordando che la parola “simbolo”, derivante dalla lingua greca, significa tavoletta spezzata o sigillo. Come una tavoletta spezzata che si può passare da mano in mano, infatti il Credo andrebbe passato da mano in mano per perpetuare la fede nei secoli. I primi cristiani erano obbligati ad impararlo prima del battesimo, ciò perché il Credo contiene i concetti di fede che ogni credente è tenuto a testimoniare. Il Papa ci ha più volte ricordato che in questo tempo di grazia dovremmo intensificare la virtù della carità, ci ricorda, riprendendo le parole di Paolo VI, che l'uomo contemporaneo non sente tanto i maestri quanto i testimoni e che i maestri sono seguiti solo se sanno rendere una vera testimonianza. Marco ci rammenta che il nostro vescovo ha di recente pubblicato, seguendo l'invito del Papa rivolto a tutti i vescovi, un documento intitolato “Io credo in te” ove è ribadita l’importanza di domandarci il perché del credere.



don Angelo  fa presente che è necessario proporre qualcosa alla comunità, sotto forma di evento, ma è necessario anche stimolare i battezzati a porsi la domanda di senso “Perché credo?”. Sarebbe opportuno presentare i contenuti del Concilio Vaticano II in Chiesa, prima o dopo la celebrazione eucaristica domenicale, avvalendosi anche di strumenti come proiettori. Per i ragazzi della cresima propone un pellegrinaggio sulla tomba dell'apostolo Pietro ove rinnovare la professione di fede. Questa proposta può essere anche allargata.



Fabrizio Blasetti, riallacciandosi all'invito di don Angelo, propone che l'oggetto della presentazione da fare prima o dopo la celebrazione domenicale, non deve essere tanto il Concilio quanto contenuto del Credo. La presentazione, inoltre, andrebbe fatta in più tappe, in modo da arrivare al termine dell'anno della fede con un'offerta sistematica alla comunità, di tutti i contenuti fondanti la nostra fede.



don Gualberto, sostiene che gli incontri formativi sul Credo non debbano essere fatti in Chiesa, ma radunando la gente di ogni singola via di Pavona in una casa di una persona disposta ad ospitare. Inoltre propone la nomina di persone che si occupino, sempre via per via, di guidare queste tappe formative.



don Angelo, appoggiato anche da altri componenti del consiglio pastorale, ribatte dicendo che la proposta di don Gualberto è complessa da realizzare organizzativamente. Inoltre fa notare che l'anno della fede sarebbe un'ottima occasione per proporre alle famiglie una lettura del credo nelle case.



Adriano Mercanti, condividendo, con opportuni adattamenti, l'idea di don Gualberto, dice che la pastorale va fatta per le strade, questo per non diventare una pastorale di conservazione, che a lungo andare potrebbe portare un depauperamento spirituale della parrocchia.



don Angelo conclude impegnandosi, in base a quello che si è detto, a stilare un abbozzo di programma che verrà poi perfezionato strada facendo. Comunque concorda sul fatto che è una cosa positiva l' “uscire dalle chiese” per andare incontro alla gente a proporre la Parola, ma occorre farlo un po' alla volta, sensibilizzando pian piano le persone. Sottolinea che le soluzioni non vanno date a priori, ma hanno anch'esse bisogno di una certa gradualità, cosicché ogni iniziativa non si spenga col passare del tempo, ma che il tutto produca un cambiamento sostanziale del volto della parrocchia.

L'oratorio.


Ascenzo Mattia illustra la situazione dell'oratorio parrocchiale, affermando che ci sono difficoltà nella riapertura. Le difficoltà sono dovute al fatto che molti spazi non sono ancora agibili. Occorre, però, organizzare iniziative che diano un segno concreto alla gente, che si sta procedendo sulla giusta strada e che a breve si riattiverà definitivamente l'oratorio. Queste iniziative potrebbero essere giornate da passare insieme ai bambini, sulla traccia di quella appena svoltasi per la solennità dell'Epifania e poi chiudere le attività a giugno con una giornata conclusiva. Una priorità resta il ripristino dei due campetti da calcio per poter permettere ai ragazzi di giocare.



Lorena Gabrieli sottolinea che i campetti si trovano in una zona non interessata dalla costruzione. Inoltre ricorda la riusabilità delle giostre, da collocare in un'area attigua ai campetti. Tutto questo è già segno di partenza, anche se il problema rimane il cantiere aperto.

Alle ore 23,30 don Angelo Pennazza chiude i lavori del consiglio pastorale.



Pavona, 18 gennaio 2013



Il segretario del consiglio pastorale

    Fabrizio Blasetti